martedì 31 luglio 2018

MECCANISMI ENERGETICI(3^ parte)


Dove trovare il carburante? (3^ ed ultima parte) 

Si è detto in precedenza come il consumo energetico della corsa sia dato (approssimativamente) dal peso dell’atleta (e di ciò che si porta addosso), moltiplicato per il numero di km percorsi, indipendentemente o quasi dalla velocità tenuta. Un atleta di 70 kg dunque consumerà circa 7000 kcal per portare a termine l’intera gara.
Dove troverà quell’atleta le calorie necessarie?
Se ipotizziamo che faccia uso di soli zuccheri, attingendo alle sue scorte di glicogeno (per esempio se partisse a un ritmo forsennato), possiamo già pronosticare che si fermerà distrutto dopo una trentina di km o poco più. Le scorte di glicogeno infatti corrispondono a circa 2000 kcal complessive: 400 circa nel fegato e 1600 circa nei muscoli. E’ quindi evidente che non sarà quella la tecnica di gara da utilizzare. Tuttavia, qualunque sia la tecnica utilizzata (foss’anche la più accorta) le calorie provenienti dagli zuccheri potranno essere solo e unicamente quelle 2000: dovremo perciò provvedere in altro modo a coprire le 5000 kcal mancanti all’appello e – per quanto fin qui detto – sarà necessario che le nostre (quasi illimitate) scorte di grassi provvedano a quella copertura.
Abbiamo però imparato anche che i grassi da soli non possono fornirci energia. Dovremo dunque, in un certo senso, centellinare i pochi zuccheri disponibili, e fare invece abbondante uso di grassi fin dai primi metri di gara. Dato che gli zuccheri ci permettono di correre 30 km sui 100 totali, significa che, se vogliamo arrivare in fondo, in ogni momento della gara dovremo consumare il 70% di grassi e il 30% soltanto di zuccheri. Ciò non è sempre facilissimo, se si pensa a quanti incontrano il “muro” in maratona (dove la situazione è rovesciata, e gli zuccheri consentono di coprire il 70% della distanza di gara, lasciando il solo 30% ai grassi). Basta una partenza un po’ convulsa, un po’di nervosismo di troppo, una salita spezzagambe, la necessità di prendere posizione, e senza nemmeno accorgercene nei primi 5 km (corsi usando solo zuccheri) abbiamo già dilapidato 350 kcal di prezioso glicogeno, con la conseguenza di dover correre i residui 95 km con percentuali di grasso ancora più alte, che è come dire a velocità ancora più ridotta.
Perché deve essere molto chiaro a tutti, che più alta è la percentuale di grassi utilizzata in gara, più lento risulterà essere il ritmo complessivo, a causa della già citata maggiore richiesta di ossigeno per caloria prodotta. Ecco perché più grassi si immettono nella miscela energetica e più occorre rallentare. E d’altra parte più si rallenta, e più ci si può permettere di inserire grassi nel “motore”. E’ un dato empirico noto a chiunque abbia provato a testarsi in allenamento: svolgere lavori a digiuno o comunque in carenza di glicogeno, significa – a parità di sforzo percepito – peggiorare le proprie performance di un valore proporzionale all’uso di grassi che stiamo inserendo nella “miscela”.
Obiettivo quindi del maratoneta e dell’ultramaratoneta è quello di imparare a utilizzare come carburante la minima quantità utile di grassi necessaria a completare la gara senza crisi, ma nello stesso tempo al ritmo più veloce possibile consentito da quella miscela.
Ci ritorneremo sopra parlando di tecniche di allenamento, naturalmente, ma intanto incominciamo a fissare bene in testa questo dato: con i soli zuccheri non arriviamo in fondo, né in maratona, né in una 100, né tantomeno in una competizione più lunga. Per ottenere il nostro miglior tempo possibile è necessario che impariamo ad utilizzare i grassi come carburante, nella percentuale minima che ci consenta di soddisfare il fabbisogno calorico richiesto dalla distanza. In gara dovremo quindi mantenere una velocità che ci permetta un consumo percentuale di grassi pari a quello che la matematica ci dice essere necessario.
Non sembra di difficile comprensione, eppure poi in gara il 90% degli atleti si comporta diversamente, e l’osservazione degli ultimi km di gara di una maratona o di un’ultra è spesso uno spettacolo di sofferenza. Perché? L’eroismo del gesto è una cosa, farsi del male un’altra. Vedremo con dovizia di particolari come sia possibile completare (eroicamente) la gara, conservando un buon equilibrio psicofisico, e con la massima soddisfazione.

Qualche calcolo per familiarizzare
Facciamo un altro esempio, un po’ più complicato, per abituarci a questi calcoli (in realtà per nulla difficili) e cambiamo un po’ le carte in tavola. Prendiamo un atleta questa volta di 60 kg, quindi dotato di scorte di glicogeno pari a circa 1800 kcal. Le scorte sono proporzionali alla costituzione fisica della persona, perché si suppone che muscoli e fegato siano grandi in modo proporzionato all’altezza (meglio: alle dimensioni complessive) della persona. Ciò non è naturalmente sempre vero, ma è una semplificazione utile ai nostri calcoli. Ove ci fossero noti fattori che variano questi parametri (un’insufficienza epatica, una sottodotazione muscolare), andrebbe naturalmente inserito un correttivo. Tra questi correttivi, i più importanti riguardano lo stile di corsa (di cui parleremo tra breve) e l’eventuale sovrappeso (che tratteremo più diffusamente nella sezione dedicata all’alimentazione dell’atleta). E’ ovvio, infatti, che se l’atleta da 60 kg si porta dietro 10 kg di sovrappeso, le sue scorte di glicogeno non saranno proporzionate ai 60 kg, ma ai 50 che rappresentano il suo peso ideale. Per semplificare, comunque, considereremo l’atleta da 60 kg con un corretto stile di corsa e con un peso perfetto.
Quante calorie consumerà quest’uomo in una 24 ore? Stimiamo che voglia percorrere 220 km. Il suo consumo totale sarà dunque 60x220 = 13.200 kcal. Considerato che 1800 le può fornire attraverso l’apporto di glicogeno, gliene restano 13.200 – 1800 = 11.400 da procurare.
Chi corre 24 ore avrà naturalmente la possibilità di reperire delle calorie sotto forma di zuccheri anche nel corso della gara, visto che il ritmo è lento, sono previste soste, e vi è il tempo per assimilare i principi nutritivi ingeriti. Inoltre, al suo fabbisogno sportivo va aggiunto anche il consumo legato al metabolismo basale delle 24 ore (almeno altre 1500 kcal). Se dovessimo ipotizzare, semplificando un po’, un digiuno totale, potremmo dire che in ogni metro di gara questo atleta dovrebbe andare ad una velocità sufficientemente lenta da potersi permettere di consumare un’altissima percentuale di grassi. Quanta? Il calcolo è presto fatto: gli zuccheri disponibili sul totale delle kcal richieste sono 1800/13.200, ovvero il 13,6 % del totale. Ciò significa che l’atleta riuscirà a non avere crisi solo se in ogni metro di gara consumerà una miscela composta dal 13,6% di zuccheri e dall’86,4% di grassi.
Poiché Mc Ardle, Katch e Katch hanno riportato un massimo teorico dell’apporto di grassi nella miscela pari all’88%, si capisce subito come nella 24 ore, in assenza di supporti alimentari esterni, si sia assolutamente sul limite dell’umana possibilità di continuare a correre per l’intera durata di gara. Ciò significa che per le gare di durata maggiore (6 giorni, 48 ore, traversate di montagna, ultra trail) diventa necessario fermarsi anche agli atleti top specializzati in queste competizioni (oppure ricorrere ad un’integrazione mirata, che sarà anch’essa oggetto di discussione).
Se questo stesso atleta di 60 kg dovesse, invece, correre una maratona, il suo compito sarebbe di gran lunga più facile. Infatti le calorie a lui necessarie per completare la gara sono 60x42,2 = 2532 kcal. Ma poiché dispone di 1800 kcal come scorte zuccherine, il suo debito teorico a fine gara sarebbe di sole 732 kcal. Quindi poiché 732/2532 = 28,9% del totale, si può dire che tale atleta non soffrirà crisi (e non avrà bisogno di alcun integratore zuccherino) se riuscirà a correre l’intera maratona con il contributo nella miscela del 28,9% di grassi. Se invece decidesse di tenere un ritmo sconsiderato, consumando solo zuccheri, si fermerebbe inevitabilmente (o soffrirebbe le pene dell’inferno, trasformando le proprie proteine muscolari in zuccheri) intorno al km 30.
Da questi semplici calcoli si deduce anche come sia completamente inutile qualunque tipo di integrazione zuccherina in gare di distanza inferiore ai 30 km (posto, naturalmente, di partire con le scorte normalmente piene). Qualunque tipo di alimento ingerito in gara sottrae sangue dai distretti muscolari per spostarli verso la digestione, e dunque procura un danno certo. Tale danno è tanto più marcato, quanto più la velocità è sostenuta (digestione difficile) e tanto più l’alimento ingerito richiede un’assimilazione complessa (cibi solidi, grassi, proteine). Perché dunque ingerire qualcosa di diverso dalla semplice acqua (magari con un po’ di sali nelle torride giornate estive) in gare di durata relativamente breve come le mezze maratone? Impariamo a riflettere e vedremo che la conoscenza di dati scientifici al riguardo ci permetterà di non commettere banali errori che possono addirittura compromettere la nostra prestazione.
In sintesi si può dire che, poiché la disponibilità di carboidrati all’inizio della gara è più o meno uguale per tutti (in proporzione alle dimensioni fisiche), la necessità dell’apporto di grassi nella miscela di carburante è funzione della distanza di gara prevista, e il ritmo dovrà essere impostato in funzione del fatto che sia quello più veloce consentito dall’uso di quella percentuale di grassi.

Per provare a fare quattro conti
Se volessimo costruire una formula generale per definire la percentuale del consumo di grassi necessaria a completare senza “muri” una corsa di lunga distanza, dovremmo fare così: 
% zuccheri sul totale = (30 x Pi) + Za  /  (K x Pr x D)
e % grassi = 100 - % zuccheri
dove:
Pi = Peso ideale dell’atleta
(30 x Pi) rappresenta una stima approssimativa delle scorte di glicogeno su cui l’atleta può contare
Za = Zuccheri assimilati in gara (ovviamente minore di Zi = zuccheri ingeriti..)
K = Coefficiente di economicità di corsa (legata allo stile di corsa)
Pr = Peso reale dell’atleta, compreso abbigliamento, borracce ecc.
D = Distanza di gara

La formula può essere molto semplificata se consideriamo i seguenti casi particolari:
-        Pi = Pr   (quindi atleta in perfetto stato di forma, senza sovrappeso)
-        K = 1     (quindi stile di corsa sufficientemente fluido ed economico)
-        Za = 0    (quindi senza alcuna integrazione zuccherina in corsa)

Così facendo, per un atleta di 68 kg, otteniamo i seguenti valori :
Mezza maratona: zuccheri = 100% (o meglio: la disponibilità di zuccheri supera il fabbisogno)
Maratona: zuccheri = 71%, grassi = 29%
100 km: zuccheri = 30%, grassi = 70%

Qualche considerazione importante può desumersi dalla formula completa analizzando gli effetti, per esempio, di uno stile di corsa molto economico, o di un peso lontano da quello ideale.
Nel primo caso (stile di corsa molto economico) ipotizziamo K = 0,85. Già solo con questo cambiamento le tre percentuali (per lo stesso atleta) si modificano in questo modo:
Maratona: zuccheri = 84%, grassi = 16%
100 km: zuccheri = 37%, grassi = 63%
E’ chiaro che potendo in questo caso permettersi percentuali di grasso inferiori, la velocità mantenuta risentirà positivamente della modifica. In altre parole: correndo in modo più economico, potremo permetterci di mantenere un ritmo più elevato nelle gare di resistenza.

Situazione opposta se ci troviamo (con K = 1) a sopportare il carico di un certo sovrappeso. Facciamo il caso del nostro atleta (da 68 kg quando in perfetta forma) che pesi invece 78 kg, perché ha 10 kg di grasso superfluo.
In questo caso il valore al numeratore resta uguale (30 x 68 è sempre 2040 kcal), mentre quello al denominatore cambia (78 x 42,2), innalzando il consumo calorico totale.
Le due equazioni si modificano quindi come segue:
Maratona: zuccheri = 62%, grassi = 38%
100 km: zuccheri = 26%, grassi 74%
Risulta evidente come in questo caso la velocità che si può mantenere in gara sia sensibilmente rallentata, visto che – come già detto – è necessario fin dal primo metro mantenere il corretto rapporto zuccheri/grassi, e se la percentuale di grassi è alta il ritmo deve per forza essere più lento.

Dato per scontato che quanto fin qui detto sia chiaro, resta ora da capire se sia possibile ipotizzare quale sia l’effettivo rallentamento percentuale legato all’aumento della quantità di grassi all’interno della miscela utilizzata. Qui il dato può essere ottenuto solo dall’esperienza, in modo empirico. Lascio ai matematici il divertimento di trovare il rapporto preciso (posto che abbia un senso, visto che le varianti in gioco sono molte) tra allungamento della distanza di gara e rallentamento della prestazione. Mi sono preso la briga di confrontare un certo numero di primati personali su atleti di diverso livello, sesso ed età, e con le dovute approssimazioni ho ottenuto una regoletta semplicissima che dice che:
-        per ogni due punti percentuali in più di grassi presenti nella miscela energetica, si ha un rallentamento del ritmo pari a circa l’1%, considerando come punto di partenza il tempo ottenuto sui 10 km (in cui consideriamo pari a zero il consumo di grassi necessario).

Provate a fare un po’ di esercizi con i vostri tempi. Vedrete sicuramente dei valori approssimativi, tuttavia il dato può darci un’idea preziosa quando andremo per la prima volta ad affrontare in gara una distanza fino ad oggi mai percorsa. Se non disponiamo di un dato sui 10.000, possiamo anche utilizzare il dato disponibile su una mezza maratona, aggiustandolo di un 5%.
Ad esempio: corriamo la maratona in 2h 48’ (4’00/km) e vogliamo sapere, grosso modo, a che ritmo possiamo interpretare una gara di 80 km.
Incominciamo a calcolare la percentuale di zuccheri e grassi che consumeremo in gara. Se pesiamo 58 kg, il nostro peso è corretto e abbiamo una passabile economicità di corsa, consumeremo in gara circa il 37% di zuccheri e il 63% di grassi (provate ad applicare la formula). Ciò significa che rispetto al nostro tempo sui 10.000 (che è 36’00) dovremo applicare un rallentamento pari all’1% per ogni 2% di grassi nella miscela. Cioè (63/2) circa del 31%. Poiché 36’ sui 10k corrispondono a 2160 secondi, ovvero 216 secondi/km (3’36/km), un rallentamento del 31% significa 216 x 1,31 = 283 secondi/km, ovvero ancora 4’43/km. Questo sarà il ritmo rallentato “ideale” (cioè corrispondente alla giusta miscela di grassi e zuccheri) da tenere per tutti gli 80 km.
Lo stesso atleta in una 100 km dovrà aumentare un pochino la sua percentuale di grassi nella miscela (come già visto dovrà essere al 70%), e quindi il suo rallentamento non sarà più del 31% ma del 35%, il che corrisponde ad un ritmo al km da 4’51, per un tempo finale di circa 8h e 05’.

Un’ultimissima considerazione da fare su tutti questi calcoli, è che il consumo dei grassi in gara, anche con una condotta molto accorta, non riesce mai ad essere del tutto costante in quanto – come già precedentemente osservato – uno dei fattori di stimolo all’utilizzo dei grassi come carburante è proprio lo stato di esaurimento delle scorte normali di carboidrati. E’ chiaro come questa situazione peggiori via via che si macinano km, e quindi se parliamo di contributo medio del 70% da parte dei grassi, dovremo invece pensare a un contributo (magari) del 65% nella prima parte di gara, che poi gradualmente si porta al 70 e infine al 75% delle calorie consumate. Questo per completezza e precisione, anche se il dato non cambia di una virgola il significato di quanto detto, sottolineandone invece semmai il valore approssimativo di indicazione, piuttosto che di “verità matematica”. 


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