giovedì 26 luglio 2018

MECCANISMI ENERGETICI_parte 2^

Il meccanismo aerobico  ( parte 2^)
La velocità di soglia anaerobica è quella velocità che possiamo tenere per circa un’ora al massimo dell’impegno, senza accumulare quantità significative di acido lattico nel sangue. Ma nel corso della maggior parte dei nostri allenamenti, e sicuramente nel corso di qualunque gara di ultramaratona, terremo sempre delle velocità inferiori a questa soglia.
Allenarsi oltrepassando di volta in volta la velocità di soglia ha una discreta importanza, perché stimola i meccanismi naturali dell’eritropoiesi (la produzione di globuli rossi), e adatta l’organismo ad un rapido riassorbimento delle piccole quantità che si possono produrre in gara (tratti in salita, recupero distacchi ecc.). Tuttavia se vogliamo simulare il meccanismo energetico utilizzato dal corridore di ultramaratona dobbiamo ipotizzare che il meccanismo anaerobico sia praticamente assente.
Una semplice tabella (da Newsholme[1]) che riporta le percentuali dei diversi meccanismi fin qui trattati può aiutarci a capire meglio.

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Contributo percentuale dei differenti carburanti metabolici alla sintesi di ATP nelle diverse distanze di gara (semplificata):
                        Creatina-P     Anaerobico     Aerobico         Acidi grassi (aerobico)
100 m              50                    50                    0                      0
200 m              25                    65                    10                    0
400 m              12,5                 62,5                 25                    0
800 m              6                      50                    44                    0
1500 m            0                      25                    75                    0
5000 m            0                      12,5                 87,5                 0
10000 m          0                      3                      97                    0
Maratona       0                      0                      75                    25
80 km              0                      0                      35                    65
24 ore             0                      0                      12                    88
Calcio             10                    70                    20                    0

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Come si può vedere, già solo correndo una gara di 10 km, la componente energetica di derivazione lattacida scende a livelli bassissimi, e sparisce per distanze superiori. Visto, quindi, che dalla mezza maratona in su la componente aerobica è pari a circa il 100%, ci interessa ora indagare da quali carburanti sia costituito questo 100%, visto che dalla comprensione di questa dinamica derivano:
-        i mezzi d’allenamento più idonei per l’ultramaratona
-        le modalità di alimentazione durante la gara
-        le indicazioni sulla migliore tecnica da adottare in gara

Abbiamo già detto che il corpo può fare un uso energetico (seppure per vie diverse) di tutti i substrati introdotti con l’alimentazione: carboidrati, proteine e grassi.
Se riflettiamo sui motivi che spingono il nostro organismo ad usare l’uno o l’altro dei tre, scopriamo alcune cose interessanti. Prima di tutto che l’utilizzo di proteine (cioè degli aminoacidi, che ne rappresentano il componente di base) è legato solo a situazioni particolari di scompenso (come per esempio l’esaurimento dei carboidrati, o un’alimentazione eccessivamente proteica), e rappresenta un nonsenso energetico in condizioni normali. Inoltre l’uso di aminoacidi per produrre ATP rende necessario l’intervento di enzimi che rimuovano i gruppi azotati dagli aminoacidi stessi, provocando un superlavoro al fegato e ai reni. Occorre quindi saper leggere anche le risultanze dei lavori scientifici con occhio critico. Se è vero che all’allungarsi della distanza di gara il contributo proteico al consumo totale di calorie sale leggermente (dal 2 al 5% circa) ciò non è dovuto a qualche particolare utilità di queste sostanze, quanto piuttosto all’esaurimento delle scorte di carboidrati, che rende necessario l’utilizzo del sostituto più facile da ritrasformare. Questo tipo di consumo (estremamente dannoso dal punto di vista muscolare, e in buona parte responsabile del cosiddetto DOMS = delayed onset of muscular soreness, il dolore muscolare che insorge nei giorni successivi ad una gara di lunga durata) potrebbe essere evitato con molta facilità con un allenamento mirato al consumo dei grassi, di cui parleremo diffusamente più avanti. Ci basti per il momento questa considerazione per escludere, almeno temporaneamente, dai nostri calcoli il contributo proteico alla prestazione, che considereremo trascurabile, ed anzi da evitare quanto più possibile.
Rimangono dunque da esaminare carboidrati e grassi, la cui scelta è funzione di più di un fattore, e va quindi compresa molto a fondo, se vogliamo fare uso pratico di queste cognizioni in gara o in allenamento.
Diesel e benzina super
La prima cosa che differenza i grassi dai carboidrati è la loro necessità di ossigeno a parità di calorie prodotte. I grassi richiedono molto più ossigeno, a parità di ATP prodotto, per essere metabolizzati. Ciò significa che possiamo permetterci di usarli solo nelle situazioni in cui non abbiamo bisogno di prestazioni elevate. Se infatti utilizzassimo grassi come carburante nel momento in cui stiamo fuggendo terrorizzati inseguiti da un animale feroce, la nostra velocità sarebbe ridotta, e noi ci trasformeremmo ben presto ad essere il lauto pasto del predatore. Qualcuno forse ci ha provato, ma i soli a rimanere vivi sono stati i nostri progenitori che in tale situazione hanno imparato a fare uso solo ed unicamente del carburante più “produttivo” (gli zuccheri), e noi abbiamo ovviamente ereditato questo meccanismo.
Inseguiti dalla fiera, produciamo cortisolo e adrenalina, mediatori della risposta di stress e combattimento (o fuga), che orientano tutto il nostro organismo verso una possibile lotta, e i nostri consumi energetici verso l’uso del carburante più redditizio. Ma paura e tensione non sono i soli fattori che possono farci spostare la lancetta dei consumi. In generale, e semplificando un po’ a fini didattici, possiamo dire che:
1)     I grassi non possono essere utilizzati da soli, ma necessitano sempre di una frazione di zuccheri per poter essere bruciati
2)     Il corpo tende ad utilizzare una miscela più ricca di zuccheri se ha bisogno di una prestazione elevata (tecnicamente parlando, di una certa potenza)
3)     A parità di altre condizioni il consumo dei grassi è facilitato da ritmi blandi
4)     A parità di altre condizioni, la percentuale di grassi consumata cresce via via che le scorte di zuccheri (sotto forma di glicogeno) si svuotano
5)     L’attivazione del consumo dei grassi segue vie metaboliche specifiche che lavorano meglio se vi è un’abitudine all’uso di queste vie, e peggio se l’uso è raro o discontinuo
6)     Fattori mentali possono influenzare le percentuali di consumo di grassi e zuccheri
7)     Fattori cellulari specifici (permeabilità di membrana, funzionalità dei mitocondri, maggiore o minore presenza di carrier o di recettori) possono influenzare l’efficienza nell’uso dei grassi come substrato energetico.

L’esame separato di questi fattori ci dice molte cose. Analizziamole una per una.
Se i grassi non possono essere utilizzati da soli, significa che nella nostra tattica di gara dovremo fare in modo di avere sempre una certa quantità di zuccheri disponibili. Se le nostre scorte dovessero malauguratamente finire, ci troveremmo davanti ad un muro, purtroppo ben noto a molti maratoneti male allenati, o che hanno osato un po’ troppo rispetto a quelle che erano le loro capacità del momento. In gare di durata (più lunghe di 30-35 km) dovremo quindi sempre usare un mix di grassi e zuccheri, che ci consenta di arrivare in fondo senza mai finire del tutto la scorta di glicogeno con la quale siamo partiti.
Come fare? Seguendo la logica dei punti 2-3 e 4, ovvero mantenendo un ritmo sufficientemente blando da consentirci di attivare un adeguato consumo di grassi fin dal primo metro di gara, sapendo che il fenomeno verrà aiutato, via via che il chilometraggio si allunga, dalla tendenza autoprotettiva che vede incrementare l’uso dei lipidi allo svuotarsi delle scorte zuccherine.
Il punto 5 ci ricorda che solo con un allenamento regolare e costante possiamo insegnare al nostro organismo a gestire adeguate quantità di grassi per minuto (potenza lipidica). In assenza di questo adattamento è possibile che, appena ci si trovi in gara a correre a ritmi un po’ più elevati rispetto a quelli tenuti in allenamento, il consumo lipidico cali drasticamente. Tale evenienza deve essere naturalmente evitata.
Anche fattori mentali possono interferire con le percentuali di consumo dei substrati. Chi partisse per una gara molto teso, ansioso e preoccupato (magari perché particolarmente attaccato al risultato in modo compulsivo) attiverebbe gli ormoni tipici di quella situazione (adrenalina, per esempio) che possono – come già spiegato nell’esempio della fuga da un predatore – spostare il consumo tutto sugli zuccheri.
I fattori cellulari, infine, possono influenzare l’efficienza del trasporto dei grassi dal tubo digerente e dal sangue, all’interno della cellula, e del loro successivo utilizzo. Vi sono pratiche alimentari o farmacologiche che possono danneggiare questa efficienza. Per esempio, un’alimentazione ricca di grassi (a parità di apporto calorico complessivo) abitua le cellule a fare uso di quel carburante più di una dieta a prevalenza di carboidrati. Così come una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi (quelli degli oli di semi o di pesce) può migliorare grandemente la fluidità di membrana, rendendo molto più efficienti gli scambi di nutrienti tra cellula e cellula o tra cellula e sangue.
Infine, l’uso indiscriminato di antibiotici in grado di interagire con il DNA batterico (inibitori di sintesi proteica), possono alterare gravemente la funzionalità dei mitocondri, gli organelli cellulari deputati alla produzione di ATP per via aerobica (in quanto il cromosoma interno del mitocondrio è in tutto e per tutto simile a quello batterico). Mitocondri danneggiati non sono in grado di produrre energia con la stessa efficienza di mitocondri sani. E’ un esempio di come fattori farmacologici ritenuti (a torto) di nessuna influenza sulla prestazione, possono invece alterarla in modo rilevante.
Detto questo siamo in grado di comprendere meglio uno schema come quello sottostante, che ci illustra come varia la percentuale di zuccheri e di grassi in funzione dell’intensità di corsa (tratta da McArdle, Katch e Katch[2]):

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Schema dei consumi percentuali di grassi e zuccheri alle diverse intensità di lavoro

                                   Zuccheri         Grassi             Proteine
A riposo                     35%                60%                2-5%
Esercizio leggero       40%                55%                2-5%
Gara di resistenza      70%                15%                5-8%
Esercizio intenso       95%                3%                  2%

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Lo schema mostra con chiarezza come al crescere dell’intensità il consumo di zuccheri si impenni. Il consumo proteico qui riportato per le gare di resistenza è senza dubbio legato al catabolismo muscolare che tuttavia, con un adeguato allenamento e correndo ai ritmi ideali, può essere del tutto evitato.

Una volta compreso questo fatto, abbiamo in mano quasi tutti gli elementi per ragionare su come possa evolversi l’utilizzo dei substrati energetici durante un’ultramaratona.
Per aiutarci a capire meglio sarà bene fare qualche calcolo tornando alle equazioni già viste in precedenza, sviluppandole, per esempio, per una 100 km.


[1] Newsholme E.A. et al. – Physical and mental fatigue – Brit. Med. Bull., 48-477, 1992
[2] Mc.Ardle W., Katch F. e V. – Alimentazione nello sport – Ed. Ambrosiana 2001

FINE PARTE SECONDA ......LEGGI LA PRIMA PARTE ....LA PROSSIMA SETTIMANA LA 3^ ED ULTIMA PARTE

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