Dove trovare il carburante? (3^ ed ultima parte)
Si è detto in precedenza come il consumo energetico della
corsa sia dato (approssimativamente) dal peso dell’atleta (e di ciò che si
porta addosso), moltiplicato per il numero di km percorsi, indipendentemente o
quasi dalla velocità tenuta. Un atleta di 70 kg dunque consumerà circa 7000
kcal per portare a termine l’intera gara.
Dove troverà quell’atleta le calorie necessarie?
Se ipotizziamo che faccia uso di soli zuccheri, attingendo
alle sue scorte di glicogeno (per esempio se partisse a un ritmo forsennato),
possiamo già pronosticare che si fermerà distrutto dopo una trentina di km o
poco più. Le scorte di glicogeno infatti corrispondono a circa 2000 kcal
complessive: 400 circa nel fegato e 1600 circa nei muscoli. E’ quindi evidente
che non sarà quella la tecnica di gara da utilizzare. Tuttavia, qualunque sia
la tecnica utilizzata (foss’anche la più accorta) le calorie provenienti dagli
zuccheri potranno essere solo e unicamente quelle 2000: dovremo perciò
provvedere in altro modo a coprire le 5000 kcal mancanti all’appello e – per
quanto fin qui detto – sarà necessario che le nostre (quasi illimitate) scorte
di grassi provvedano a quella copertura.
Abbiamo però imparato anche che i grassi da soli non possono
fornirci energia. Dovremo dunque, in un certo senso, centellinare i pochi
zuccheri disponibili, e fare invece abbondante uso di grassi fin dai primi
metri di gara. Dato che gli zuccheri ci permettono di correre 30 km sui 100
totali, significa che, se vogliamo arrivare in fondo, in ogni momento della
gara dovremo consumare il 70% di grassi e il 30% soltanto di zuccheri. Ciò non
è sempre facilissimo, se si pensa a quanti incontrano il “muro” in maratona
(dove la situazione è rovesciata, e gli zuccheri consentono di coprire il 70%
della distanza di gara, lasciando il solo 30% ai grassi). Basta una partenza un
po’ convulsa, un po’di nervosismo di troppo, una salita spezzagambe, la
necessità di prendere posizione, e senza nemmeno accorgercene nei primi 5 km
(corsi usando solo zuccheri) abbiamo già dilapidato 350 kcal di prezioso
glicogeno, con la conseguenza di dover correre i residui 95 km con percentuali
di grasso ancora più alte, che è come dire a velocità ancora più ridotta.
Perché deve essere molto chiaro a tutti, che più alta è
la percentuale di grassi utilizzata in gara, più lento risulterà essere il
ritmo complessivo, a causa della già citata maggiore richiesta di ossigeno per
caloria prodotta. Ecco perché più grassi si immettono nella miscela energetica
e più occorre rallentare. E d’altra parte più si rallenta, e più ci si può
permettere di inserire grassi nel “motore”. E’ un dato empirico noto a chiunque
abbia provato a testarsi in allenamento: svolgere lavori a digiuno o comunque
in carenza di glicogeno, significa – a parità di sforzo percepito – peggiorare
le proprie performance di un valore proporzionale all’uso di grassi che stiamo
inserendo nella “miscela”.
Obiettivo quindi del maratoneta e dell’ultramaratoneta è
quello di imparare a utilizzare come carburante la minima quantità utile di
grassi necessaria a completare la gara senza crisi, ma nello stesso tempo al
ritmo più veloce possibile consentito da quella miscela.
Ci ritorneremo sopra parlando di tecniche di allenamento,
naturalmente, ma intanto incominciamo a fissare bene in testa questo dato: con
i soli zuccheri non arriviamo in fondo, né in maratona, né in una 100, né
tantomeno in una competizione più lunga. Per ottenere il nostro miglior tempo
possibile è necessario che impariamo ad utilizzare i grassi come carburante,
nella percentuale minima che ci consenta di soddisfare il fabbisogno calorico
richiesto dalla distanza. In gara dovremo quindi mantenere una velocità che ci
permetta un consumo percentuale di grassi pari a quello che la matematica ci
dice essere necessario.
Non sembra di difficile comprensione, eppure poi in gara il
90% degli atleti si comporta diversamente, e l’osservazione degli ultimi km di
gara di una maratona o di un’ultra è spesso uno spettacolo di sofferenza.
Perché? L’eroismo del gesto è una cosa, farsi del male un’altra. Vedremo con
dovizia di particolari come sia possibile completare (eroicamente) la gara,
conservando un buon equilibrio psicofisico, e con la massima soddisfazione.
Qualche calcolo per familiarizzare
Facciamo un altro esempio, un po’ più complicato, per
abituarci a questi calcoli (in realtà per nulla difficili) e cambiamo un po’ le
carte in tavola. Prendiamo un atleta questa volta di 60 kg, quindi dotato di
scorte di glicogeno pari a circa 1800 kcal. Le scorte sono proporzionali alla
costituzione fisica della persona, perché si suppone che muscoli e fegato siano
grandi in modo proporzionato all’altezza (meglio: alle dimensioni complessive)
della persona. Ciò non è naturalmente sempre vero, ma è una semplificazione
utile ai nostri calcoli. Ove ci fossero noti fattori che variano questi
parametri (un’insufficienza epatica, una sottodotazione muscolare), andrebbe
naturalmente inserito un correttivo. Tra questi correttivi, i più importanti
riguardano lo stile di corsa (di cui parleremo tra breve) e l’eventuale
sovrappeso (che tratteremo più diffusamente nella sezione dedicata
all’alimentazione dell’atleta). E’ ovvio, infatti, che se l’atleta da 60 kg si
porta dietro 10 kg di sovrappeso, le sue scorte di glicogeno non saranno
proporzionate ai 60 kg, ma ai 50 che rappresentano il suo peso ideale. Per
semplificare, comunque, considereremo l’atleta da 60 kg con un corretto stile
di corsa e con un peso perfetto.
Quante calorie consumerà quest’uomo in una 24 ore? Stimiamo
che voglia percorrere 220 km. Il suo consumo totale sarà dunque 60x220 = 13.200
kcal. Considerato che 1800 le può fornire attraverso l’apporto di glicogeno,
gliene restano 13.200 – 1800 = 11.400 da procurare.
Chi corre 24 ore avrà naturalmente la possibilità di
reperire delle calorie sotto forma di zuccheri anche nel corso della gara,
visto che il ritmo è lento, sono previste soste, e vi è il tempo per assimilare
i principi nutritivi ingeriti. Inoltre, al suo fabbisogno sportivo va aggiunto
anche il consumo legato al metabolismo basale delle 24 ore (almeno altre 1500
kcal). Se dovessimo ipotizzare, semplificando un po’, un digiuno totale,
potremmo dire che in ogni metro di gara questo atleta dovrebbe andare ad una
velocità sufficientemente lenta da potersi permettere di consumare un’altissima
percentuale di grassi. Quanta? Il calcolo è presto fatto: gli zuccheri
disponibili sul totale delle kcal richieste sono 1800/13.200, ovvero il 13,6 %
del totale. Ciò significa che l’atleta riuscirà a non avere crisi solo se in
ogni metro di gara consumerà una miscela composta dal 13,6% di zuccheri e
dall’86,4% di grassi.
Poiché Mc Ardle, Katch e Katch hanno riportato un massimo
teorico dell’apporto di grassi nella miscela pari all’88%, si capisce subito
come nella 24 ore, in assenza di supporti alimentari esterni, si sia
assolutamente sul limite dell’umana possibilità di continuare a correre per
l’intera durata di gara. Ciò significa che per le gare di durata maggiore (6
giorni, 48 ore, traversate di montagna, ultra trail) diventa necessario
fermarsi anche agli atleti top specializzati in queste competizioni (oppure
ricorrere ad un’integrazione mirata, che sarà anch’essa oggetto di discussione).
Se questo stesso atleta di 60 kg dovesse, invece, correre
una maratona, il suo compito sarebbe di gran lunga più facile. Infatti le
calorie a lui necessarie per completare la gara sono 60x42,2 = 2532 kcal. Ma
poiché dispone di 1800 kcal come scorte zuccherine, il suo debito teorico a
fine gara sarebbe di sole 732 kcal. Quindi poiché 732/2532 = 28,9% del totale,
si può dire che tale atleta non soffrirà crisi (e non avrà bisogno di alcun
integratore zuccherino) se riuscirà a correre l’intera maratona con il
contributo nella miscela del 28,9% di grassi. Se invece decidesse di tenere un
ritmo sconsiderato, consumando solo zuccheri, si fermerebbe inevitabilmente (o
soffrirebbe le pene dell’inferno, trasformando le proprie proteine muscolari in
zuccheri) intorno al km 30.
Da questi semplici calcoli si deduce anche come sia
completamente inutile qualunque tipo di integrazione zuccherina in gare di
distanza inferiore ai 30 km (posto, naturalmente, di partire con le scorte
normalmente piene). Qualunque tipo di alimento ingerito in gara sottrae sangue
dai distretti muscolari per spostarli verso la digestione, e dunque procura un
danno certo. Tale danno è tanto più marcato, quanto più la velocità è sostenuta
(digestione difficile) e tanto più l’alimento ingerito richiede
un’assimilazione complessa (cibi solidi, grassi, proteine). Perché dunque
ingerire qualcosa di diverso dalla semplice acqua (magari con un po’ di sali
nelle torride giornate estive) in gare di durata relativamente breve come le
mezze maratone? Impariamo a riflettere e vedremo che la conoscenza di dati
scientifici al riguardo ci permetterà di non commettere banali errori che
possono addirittura compromettere la nostra prestazione.
In sintesi si può dire che, poiché la disponibilità di
carboidrati all’inizio della gara è più o meno uguale per tutti (in proporzione
alle dimensioni fisiche), la necessità dell’apporto di grassi nella miscela di
carburante è funzione della distanza di gara prevista, e il ritmo dovrà essere
impostato in funzione del fatto che sia quello più veloce consentito dall’uso
di quella percentuale di grassi.
Per provare a fare quattro conti
Se volessimo costruire una formula generale per definire la
percentuale del consumo di grassi necessaria a completare senza “muri” una
corsa di lunga distanza, dovremmo fare così:
% zuccheri sul totale = (30 x Pi) + Za / (K x
Pr x D)
e % grassi = 100 - % zuccheri
dove:
Pi = Peso ideale dell’atleta
(30 x Pi) rappresenta una stima approssimativa delle scorte
di glicogeno su cui l’atleta può contare
Za = Zuccheri assimilati in gara (ovviamente minore di Zi =
zuccheri ingeriti..)
K = Coefficiente di economicità di corsa (legata allo stile
di corsa)
Pr = Peso reale dell’atleta, compreso abbigliamento,
borracce ecc.
D = Distanza di gara
La formula può essere molto semplificata se consideriamo i
seguenti casi particolari:
-
Pi = Pr (quindi
atleta in perfetto stato di forma, senza sovrappeso)
-
K = 1 (quindi
stile di corsa sufficientemente fluido ed economico)
-
Za = 0 (quindi
senza alcuna integrazione zuccherina in corsa)
Così facendo, per un atleta di 68 kg, otteniamo i seguenti
valori :
Mezza maratona: zuccheri = 100% (o meglio: la disponibilità
di zuccheri supera il fabbisogno)
Maratona: zuccheri = 71%, grassi = 29%
100 km: zuccheri = 30%, grassi = 70%
Qualche considerazione importante può desumersi dalla
formula completa analizzando gli effetti, per esempio, di uno stile di corsa
molto economico, o di un peso lontano da quello ideale.
Nel primo caso (stile di corsa molto economico) ipotizziamo
K = 0,85. Già solo con questo cambiamento le tre percentuali (per lo stesso
atleta) si modificano in questo modo:
Maratona: zuccheri = 84%, grassi = 16%
100 km: zuccheri = 37%, grassi = 63%
E’ chiaro che potendo in questo caso permettersi percentuali
di grasso inferiori, la velocità mantenuta risentirà positivamente della
modifica. In altre parole: correndo in modo più economico, potremo permetterci
di mantenere un ritmo più elevato nelle gare di resistenza.
Situazione opposta se ci troviamo (con K = 1) a sopportare
il carico di un certo sovrappeso. Facciamo il caso del nostro atleta (da 68 kg
quando in perfetta forma) che pesi invece 78 kg, perché ha 10 kg di grasso
superfluo.
In questo caso il valore al numeratore resta uguale (30 x 68
è sempre 2040 kcal), mentre quello al denominatore cambia (78 x 42,2),
innalzando il consumo calorico totale.
Le due equazioni si modificano quindi come segue:
Maratona: zuccheri = 62%, grassi = 38%
100 km: zuccheri = 26%, grassi 74%
Risulta evidente come in questo caso la velocità che si può
mantenere in gara sia sensibilmente rallentata, visto che – come già detto – è
necessario fin dal primo metro mantenere il corretto rapporto zuccheri/grassi,
e se la percentuale di grassi è alta il ritmo deve per forza essere più lento.
Dato per scontato che quanto fin qui detto sia chiaro, resta
ora da capire se sia possibile ipotizzare quale sia l’effettivo rallentamento
percentuale legato all’aumento della quantità di grassi all’interno della
miscela utilizzata. Qui il dato può essere ottenuto solo dall’esperienza, in
modo empirico. Lascio ai matematici il divertimento di trovare il rapporto
preciso (posto che abbia un senso, visto che le varianti in gioco sono molte)
tra allungamento della distanza di gara e rallentamento della prestazione. Mi
sono preso la briga di confrontare un certo numero di primati personali su
atleti di diverso livello, sesso ed età, e con le dovute approssimazioni ho
ottenuto una regoletta semplicissima che dice che:
-
per ogni due punti percentuali in più di grassi
presenti nella miscela energetica, si ha un rallentamento del ritmo pari a
circa l’1%, considerando come punto di partenza il tempo ottenuto sui 10 km (in
cui consideriamo pari a zero il consumo di grassi necessario).
Provate a fare un po’ di esercizi con i vostri tempi.
Vedrete sicuramente dei valori approssimativi, tuttavia il dato può darci
un’idea preziosa quando andremo per la prima volta ad affrontare in gara una
distanza fino ad oggi mai percorsa. Se non disponiamo di un dato sui 10.000,
possiamo anche utilizzare il dato disponibile su una mezza maratona,
aggiustandolo di un 5%.
Ad esempio: corriamo la maratona in 2h 48’ (4’00/km) e
vogliamo sapere, grosso modo, a che ritmo possiamo interpretare una gara di 80
km.
Incominciamo a calcolare la percentuale di zuccheri e grassi
che consumeremo in gara. Se pesiamo 58 kg, il nostro peso è corretto e abbiamo
una passabile economicità di corsa, consumeremo in gara circa il 37% di
zuccheri e il 63% di grassi (provate ad applicare la formula). Ciò significa
che rispetto al nostro tempo sui 10.000 (che è 36’00) dovremo applicare un
rallentamento pari all’1% per ogni 2% di grassi nella miscela. Cioè (63/2)
circa del 31%. Poiché 36’ sui 10k corrispondono a 2160 secondi, ovvero 216
secondi/km (3’36/km), un rallentamento del 31% significa 216 x 1,31 = 283
secondi/km, ovvero ancora 4’43/km. Questo sarà il ritmo rallentato “ideale”
(cioè corrispondente alla giusta miscela di grassi e zuccheri) da tenere per
tutti gli 80 km.
Lo stesso atleta in una 100 km dovrà aumentare un pochino la
sua percentuale di grassi nella miscela (come già visto dovrà essere al 70%), e
quindi il suo rallentamento non sarà più del 31% ma del 35%, il che corrisponde
ad un ritmo al km da 4’51, per un tempo finale di circa 8h e 05’.
Un’ultimissima considerazione da fare su tutti questi
calcoli, è che il consumo dei grassi in gara, anche con una condotta molto
accorta, non riesce mai ad essere del tutto costante in quanto – come già
precedentemente osservato – uno dei fattori di stimolo all’utilizzo dei grassi
come carburante è proprio lo stato di esaurimento delle scorte normali di
carboidrati. E’ chiaro come questa situazione peggiori via via che si macinano
km, e quindi se parliamo di contributo medio del 70% da parte dei grassi,
dovremo invece pensare a un contributo (magari) del 65% nella prima parte di
gara, che poi gradualmente si porta al 70 e infine al 75% delle calorie
consumate. Questo per completezza e precisione, anche se il dato non cambia di
una virgola il significato di quanto detto, sottolineandone invece semmai il
valore approssimativo di indicazione, piuttosto che di “verità
matematica”.
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